All’inizio dell’età norica, circa 220 milioni di anni fa, le zolle europea e africana si allontanavano.
La crosta si stirava e assottigliava. Al di sopra si approfondiva un mare precedentemente basso e poco profondo nel quale scogliere ricche di coralli e altri organismi si disfacevano e i loro detriti si accumulavano insieme a fango calcareo, stratificandosi, consolidandosi e formando, tra l’altro, dolomie, calcari dolomitici, peliti e calcari marnosi.
Si tratta di una fase precedente all’apertura dell’oceano e sul fondo affioreranno le cosiddette “rocce verdi”.
Nella figura (1) si nota la posizione del Mare “Alpino” in cui si depositarono le dolomie e le altre rocce ad esse associate. Nella parte bassa, in sezione, si possono notare le due placche in allontanamento e sopra la crosta assottigliata, il mare.
Dopo 135 milioni di anni di deriva, alla fine del cretaceo, 65 milioni di anni fa, le placche europea e afro-adriatica si riavvicinavano.
Le placche (europea e afro–adriatica) nel riavvicinarsi piegarono o verticalizzarono le rocce che nel frattempo si erano formate (tra cui rocce verdi, come le serpentiniti, e dolomie).
Le dolomie del Monte Gazzo, intercalate a calcari dolomitici, meta-peliti e calcari marnosi, oggi confinano, a ovest e a est, con rocce di fondo oceanico (rocce verdi). I contatti avvengono lungo faglie disposte in direzione nord–sud. Quella posta a ovest si può seguire da Sestri a Voltaggio (AL) ed è nota, appunto, col nome di Sestri–Voltaggio. Tale linea tettonica è considerata anche un primo limite geologico tra le Alpi a ovest e gli Appennini a est.
La vicinanza delle rocce cosiddette verdi (p.e. serpentiniti, meta-gabbri, basalti, ecc.) alle dolomie del Monte Gazzo non è casuale. Si tratta di rocce che, come visto sopra, si sono formate in età diverse ma in uno spazio comune. Le dolomie, infatti, testimoniano l’inizio dei movimenti distensivi tra le placche che, stirando la crosta, portarono alla nascita di un mare prima basso e caldo (con formazione delle scogliere il cui smantellamento diede origine alle dolomie) poi, via via, più profondo fino a diventare oceano (con l’effusione dei magmi che diedero origine sul fondo alle rocce verdi).
Nella figura (2), che comprende uno stralcio della carta geologica di Giammarino et al. (2002), e una sezione (Parco del Beigua, 2009), le dolomie sono evidenziate dal rettangolo rosso mentre le rocce verdi sono prevalentemente a sinistra. La sezione, in basso, mostra l’originaria sequenza di rocce oceaniche (quelle a sinistra sono le più antiche) mentre le frecce indicano come si sono poi dislocate dopo l’orogenesi. Nella porzione destra della mappa si notano le più recenti rocce argillitiche della Valpolcevera (color mirtillo) e quelle calcitiche di Genova (color marrone).
Nell’area del monte Gazzo i confini geologici, inizialmente pressoché orizzontali e piani, sono stati verticalizzati dalle pressioni generate durante il sollevamento delle Alpi, avvenuto, a sua volta, a partire dal fascio di piani inclinati che era diventato il confine tra le placche. Tali forze hanno stretto e piegato a più riprese le rocce, un po’ come “il dentifricio in un tubetto”.
Un’altra sezione geologica più dettagliata dell’area compresa tra la val Molinassi a ovest e il monte Gazzo a est, è stata ricostruita sulla base dei sondaggi meccanici profondi (circa 200 m), a carotaggio continuo, realizzati alla fine degli anni 80 per la realizzazione della sottostante galleria o bretella ferroviaria Prà–Borzoli.
Nella figura (3) si notano con maggior dettaglio le relazioni fra le rocce (da sinistra a destra, cioè da sud ovest a nord est, calcescisti del rio Molinassi, quarzo-scisti lungo il versante ovest del monte Spassoja, il vasto affioramento di Serpentiniti di case Fico, i meta-gabbri presso i fortini del Gazzo, la faglia Sestri Voltaggio e le dolomie del monte Gazzo.